Disturbi della deambulazione
La loro esistenza è una condizione necessaria in
pratica e talvolta sufficiente per porre diagnosi.
Le descrizioni generalmente si limitano al
termine generico di”disturbi della deambulazione”. Questi costituiscono in
effetti l’elemento più eclatante di un quadro caratterizzato da una
alterazione delle attività motorie.Fra le differenti etichette proposte per
descrivere tali disturbi la più adatta sembra quella di “aprassia
motoria”: la postura eretta è instabile, con tendenza alla
retropulsione. La marcia è caratterizzata da passi piccoli e strascicati
(marcia magnetica) e talvolta è impossibile.
L’esame clinico contrasta per la povertà dei
segni in rapporto alla grave compromissione funzionale. I disturbi della
marcia possono simulare una claudicatio intermittens o manifestarsi
con delle cadute isolate.
Questo disturbo si associa ad una riduzione
generale dei movimenti che spiegano l’aspetto “figé”, acinetico del malato.
Gli arti superiori sono composti, e testimoniano l’abbandono delle attività
manuali e della scrittura. Si rileva un incremento della vivacità dei
riflessi tendinei prevalentemente agli arti inferiori in assenza di
debolezza o incordinazione.
I meccanismi fisiopatologici alla base del
disordine della deambulazione e della postura sono riconducibili ad un
insufficiente input dalla corteccia sensitivo-motoria frontale
superiore e dal giro cingolato anteriore alla formazione reticolare. Dal
momento che il tratto cortico-spinale che regola il movimento degli arti
inferiori, passa attraverso la corona radiata in prossimità dei ventricoli
laterali, non sorprende che il disturbo della deambulazione costituisca il
primo sintomo a comparire ed il primo a risolversi dopo una derivazione
liquorale.
I disturbi della deambulazione o più generalmente
motori, quando sono isolati o chiaramente prevalenti, hanno un significato prognostico
favorevole.
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